Il 16 Ottobre a Roma quasi un milione di persone hanno manifestato pacificamente per affermare che il Lavoro è un bene comune e dire No con forza ai ricatti e Si ai diritti. Queste parole d’ordine sono paradigmatiche di un intera realtà sociale, hanno incarnato al meglio la disperazione sociale che giornalmente abita la vita di tanti e che troppo spesso si traduce in un senso di frustrazione implacabile dato dalla percezione della propria impotenza.
Siamo in un epoca in cui lo scheletro di diritti che ritenevamo oramai acquisito, il lascito di tante lotte che i nostri antenati hanno duramente combattuto, conosce un’erosione giornaliera sotto i colpi di una modernità arcaica e ipocrita. Cosi capita che in nome della modernità la gestione pubblica dell’acqua debba divenire privata, secondo l’irrazionale disegno che solo il libero mercato può costruire una gestione Universale, Efficiente e Razionale del servizio. Basta conoscere i risultati della gestione privata dell’acqua in tanti paesi per sapere che le tariffe volano sempre più su,e la qualità e quantità degli investimenti infrastrutturali e del servizio sempre più giù. Ma il punto è che la presunta modernità della privatizzazione, secondo i disegni del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, è terribilmente uguale alla situazione di fine ottocento quando l’acqua in casa era per pochi, solo per quelli che se la potevano permettere, e il servizio pubblico era semplice utopia. Dunque, la modernità tutta liberalizzazioni e precarietà altro non è che un tuffo nel passato più nero e disperato!
E’ una modernità terribilmente vecchia e ammuffita quella di Marchionne, del Governo e dei sindacati padronali (Cisl-Uil). La costituzione di un accordo dei metalmeccanici separato in barba alla democrazia dei lavoratori che avevano approvato e sottoscritto quello del 2008, il tentativo di abolire il contratto nazionale collettivo di lavoro cosi da poter ritornare a quando ogni lavoratore doveva contrattare singolarmente la propria posizione lavorativa, prigioniero di una sassaiolo ricattatrice piuttosto che di una dinamica contrattuale complessa e iniqua, ci riporta direttamente nell’800.
E sono tante le modernità triviali ammantate di necessità storica per coprire la loro funzionalità agli interessi del capitale, della grande finanza e delle mafie. Sembravamo però, ormai da tanto, in un terribile labirinto di sordità reciproche in cui tutti noi recitavamo, alcune volte con dovizia tecnica e politica, le piaghe della modernità sulla nostra pelle ma senza riuscire a trovare un nesso fra le nostre disperazioni e precarietà. Il 16 Ottobre segna la costituzione di un nuovo Noi, ancora sfocato e liquido, ma terribilmente chiaro nella sua composizione sociale e nell’intensità sella sua rabbia.
E’ un intera generazione, che vedendosi negar quel complesso e meraviglioso insieme di diritti sociali che la nostra costituzione enuncia per costruire l’uguaglianza sostanziale, oggi dice no al ricatto e rivendica forte la dimensione del diritto contro quella del privilegio! Sono i giovani del meridione costretti a mercanteggiare il loro futuro nella piazza affollata del clientelismo regolatore indipendentemente dai loro studi, delle loro competenze e delle loro speranze! Sono gli studenti universitari che difendono l’Università dalle mannaie Tremontiane, che difendono il sapere dalla sua supina subordinazione alle esigenze del mercato, e che svelano l’inganno del presunto intreccio virtuoso tra formazione e lavoro attuale finendo, ogni giorno, nelle grinfie sfruttatrici di Call Center di tutti i tipi! E sono, ancora una volta, gli operai, quelli di Pomigliano, che dinanzi al ricatto cosi odioso del loro padrone, presunto capitalista illuminato, tra il lavoro e la dignità scelgono un lavoro dignitoso. Svelano una terza via, quella che nessuno ti può elargire o consentire, perché ti spetta di diritto. Perché sa di costituzione, di quel sapore acre del sangue dei resistenti ma dolce di libertà, perché il lavoro dignitoso è un diritto, un bene Comune e non una merce acquistabile da qualche padroncino che cita Marx per esorcizzarlo!
Il 16 Ottobre è stato importante perché tutte queste storie hanno trovato un minimo comun denominatore e gli attacchi isterici di ministri impresentabili, che hanno equiparato il lancio di uova all’inizio di un percorso terroristico, palesano la paura di chi sente il vento cambiare e la potenza della partecipazione popolare e democratica produrre i suoi effetti. Ora sta a noi. Nei territori e nei luoghi di lavoro costruiamo l’unità del 16, dinanzi all’attacco onnivoro del capitale costruiamo l’ampia alleanza vitale e democratica di tutte la forze sociali che lavorano per abbattere questo sistema. Sarà un autunno resistente che dovremo affrontare fuggendo dalle solitudini settarie o dai velleitarismi istituzionali ma costruendo democrazie partecipate e conflittuali in ogni pertugio d’esistenza, in ogni luogo in cui il ricatto fino ad oggi ha bivaccato e abitato tranquillo. Be, qualcuno lo avverta che sta arrivando lo sfratto!